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Serena più che mai: né ovvio né banale – a cura di Edoardo De Angelis

31 Luglio 2014 di Redazione-FB Lascia un commento

Serena-più-che-mai-COVER-140x14014 luglio, festa nazionale dei Francesi, ore 18, sono a Castions di Zoppola, provincia di Pordenone, a scrutare il carattere del cielo, metà nuvoloso e metà sereno, in compagnia di Roberto Pagura, titolare del Teatro Cortile, splendida location dell’imminente concerto di Serena Finatti e Andrea Varnier. Sono artisticamente, e umanamente, curioso. L’anno passato, membro della giuria di Musicultura, avevo avuto l’opportunità di ascoltare qualche canzone di Serena, e le avevo anche, con decisione, offerto il mio voto. Attendo la prova del concerto intero. Intanto lascio a Serena le domande della mia intervista. La pioggia ha smesso di preoccuparci, asciughiamo le poltroncine, il buio scende, le luci di scena si accendono, sul palco salgono gli artisti.

 

  1. Serena, questo non è il mio mestiere, ma sono contento di regalarmi questa intervista, per due motivi: l’arte e la curiosità. E’ raro, oggi, incontrare qualcuno, come te, che abbia il coraggio e la capacità di fare arte con la musica. Sei consapevole di questa responsabilità?

 

Iniziare un’intervista con una domanda che contiene in sé dei complimenti simili è come essere accolti con un abbraccio, grazie. Non sono sicura che si tratti di coraggio, è più un bisogno il mio, di esprimermi nel modo più naturale e sincero possibile, non credo di essere capace di fare diversamente. La musica ha una forza comunicativa troppo importante, non la posso ignorare, se perderò questo intento avrò perso l’incanto della vita. Sono consapevole che l’aver evitato di seguire degli schemi facili mi abbia portata a percorrere un viaggio lungo e spesso molto faticoso, ma questo mi fa sentire viva e vera. Riguardo alla capacità di fare arte, vorrei risponderti con un sorriso, che ben si sposa con il tuo abbraccio iniziale.

  1. La curiosità mi prende nuovamente quando leggo la tua biografia. Molte attività, molti eventi, diversi indirizzi, anche se tutti in campo artistico. Ritieni di avere la forza sufficiente per portare avanti l’intero fronte dei tuoi impegni, o adesso hai deciso, con questo nuovo album, di dare priorità alla musica?

La musica ha sempre avuto la priorità, ma ho dovuto trovare un modo per potermi dedicare a lei con la naturalezza e la sincerità di cui abbiamo appena parlato, e vivere una vita dignitosa. Ci sono riuscita con tanta passione, dedizione, tempo, sacrifici, rimanendo immersa nell’ambiente che sento essere praticamente una stanza di casa mia: il teatro. Recitare, scrivere spettacoli teatrali per ragazzi, insegnare loro grazie ai laboratori di recitazione nelle scuole, oltre che un lavoro sono per me fonte continua di crescita, stupore e stimoli. Il mio percorso un po’ nomade mi ha permesso di imparare a non dare nulla per scontato. Ora mi sento pronta, lascio che questo disco mi indichi la strada da prendere.

  1. Banale, ma inevitabile: qualche parola sul tuo nuovo lavoro discografico, Serena più che mai, in uscita con l’etichetta Folkest Dischi. Quanto ti ritrovi in esso? E pensi che riuscirai a stabilire un rapporto di confidenza con il tuo pubblico, e nello stesso tempo a conquistare altri fedelissimi?

 

Questo album sono io, Serena. Mi sono lasciata andare, mi sono aperta alla musica così come ci si apre alla persona amata, le ho permesso di sentire le mie debolezze ma anche la mia voglia di esplodere di vita, la mia paura ma anche il mio bisogno di contribuire al cambiamento delle cose che ritengo ingiuste! Non mi sono fatta mancare nulla: il gioco, il rischio, la bellezza della natura, l’amore, la denuncia, l’introspezione, la spensieratezza, il dialetto. Anche all’atto pratico: quartetto d’archi, pianoforte, contrabbasso, percussioni, batteria, chitarre, e pensa che in un brano suono addirittura il pianoforte :) Con questo nuovo disco ho potuto lavorare a stretto contatto con colui che mi ha aiutato a muovere i primi passi nel mondo della musica continuando ad accompagnarmi con grande sensibilità in tutti questi anni: Mauro Costantini, un musicista fuori dal comune oltre che una persona davvero speciale.

Il rapporto di confidenza con il pubblico? Si credo che ci sarà, perchè la gente che ascolta percepisce chiaramente quando si tratta di una confidenza e quando invece è solo un ammiccare vuoto e preconfezionato. La mia intenzione è quella di far ascoltare questo disco a tanta tanta gente, sento che potrei avere la piacevole sorpresa di riuscirci.

  1. Un’artista sensibile e raffinata come te, del tutto priva di contaminazioni modaiole, come pensa di poter navigare in questo mare grigio di indifferenza crescente nei confronti di ogni espressione culturale?

Il mare grigio c’è, si sa, ma sono convinta che ci siano molte persone che desiderano nuotare in acque colorate, ascoltare qualcosa che sfugga alle contaminazioni modaiole, bisogna solo trovare il modo di arrivare a loro, con pazienza e perseveranza, i tempi stanno cambiando, bisogna crederci e io ci credo. Infondo non posso fare altro che continuare a farlo, non riesco a smettere nonostante lo sconforto sia spesso appostato lungo il cammino pronto a prenderti sotto braccio e a condurti alla discarica di arti più vicina. Mamma mia che brutta immagine! In ogni caso, accanto a me ho chi mi sa dare supporto e forza, non sono sola.

  1. Torniamo al nuovo album, marchio prestigioso di Folkest, e distribuito da CNI, Compagnia Nuove Indye. Due realtà molto importanti della musica italiana, “specializzate” nella musica popolare. Come ti vedi in questo ambiente musicale?

Sono onorata di poter far parte di tale ambiente musicale, me lo sento congeniale, la musica popolare è contaminazione sana e movimento, in lei confluiscono la storia e il futuro, e la cosa più interessante, secondo me, è sicuramente il valore che viene dato all’originalità delle proposte, il particolare non è ignorato bensì valorizzato. Artisti di incredibile bravura e forza comunicativa fanno parte di questo ambiente e io cercherò di fare del mio meglio per essere all’altezza.

Novanta minuti sono passati, non me ne sono accorto, sembravano nemmeno la metà.

Ero preso, affascinato dalla simpatia, dalla professionalità, e dall’arte di Serena Finatti e di Andrea Varnier, suo compagno di scena, di musica e di viaggio, straordinario innamorato della chitarra. Il concerto è stato appetitoso, anche per una bocca difficile come la mia. Il gioco semplice, mai esagerato o forzato, dell’equilibrio tra i due artisti, entrambi padroni del palco, ha conquistato anche il pubblico. Quello di Musicultura era un voto ben dato.

Sarò banale, ne sono consapevole: la classe non è acqua. Buona fortuna, Serena, buona fortuna, Andrea, il vostro sarà un lungo viaggio.

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