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Pagani 2012

28 Maggio 2012 di Redazione-FB Lascia un commento

Il tempo passa e i racconti faticano a raccontarsi, scorre questo tempo che porta lontano i rumori, i suoni e i volti ma all’improvviso, come fosse miracolo, ritorna e nulla può fermarlo, neanche la pioggia che tradisce e inganna gli amici. Ogni anno è così, ogni anno è la stessa magia, la stessa Pagani; uguali le case, la gente, i vicoli che sanno di storia, quella raccontata dai libri e quella che molti vorrebbero fosse dimenticata e mai più ripetuta. Ogni anno è uguale ma di anno in anno è diverso. Pagani e la sua Madonna, Pagani con le sue  tammorre e  suoi i toselli. Pagani e il suo popolo che cammina le strade. Forse è questo il vero miracolo: la gente che non dimentica, la gente che nonostante la voglia di futuro non dimentica il passato e lo accarezza e lo protegge come un dono prezioso, una perla rarissima nel mondo della plastica e delle copie. Fili intrecciati come ricordi e come sogni, vecchie fotografie e odori che entrano nell’anima e raccontano un mondo, il mondo del battere, del suono e dei piedi che calcano la terra, che vanno avanti e indietro, che girano e che indietreggiano che gli occhi sono lì fissi negli occhi di chi in quel momento è il solo che segue e che può seguire.Pagani e le sue voci che all’improvviso si levano, voci di donne dai  capelli tinti o di donne con le mani stanche e rotte dalla fatica e dai campi, dai carciofi che si arrostiscono sulla brace e del pranzo che è il pranzo della e con la gente in questo giorno speciale. Pagani e i suoi uomini che guardano le donne curve su se stesse danzare le braccia sorridendo e ridendo perché loro la vita l’hanno vissuta così, danzando sui pensieri che sono gravi e che sono profondi; donne che ballano tra di loro per insegnare che la vita è questo, è guardarsi e capire dove e quando si vota perché ogni giorno può essere una votata e ogni giorno c‘è il bisogno di capirsi solo con gli occhi, bastano gli occhi e i pensieri per andare all’unisono con l’aria che circonda. Pagani è un mondo che racconta un universo fatto di storie che adesso non si scrivono più, perché tutto corre e perché i giovani certe storie non le ascoltano e non le raccontano. Pagani e il rimpianto, perché molti, troppi, parlano senza conoscere e cantano e suonano troppo contemporaneamente ed allora il suono si mischia e niente è come avrebbe dovuto essere. Ma la gente c’è e arriva da molto lontano e sorride quando incontra altra gente che sorride e canta e cerca. Come quando incontra  quel sorriso che di tempo ne conosce molto, venuto da Giugliano dove si raccontano in maniera diversa gli amori e le lotte, il luogo dove il suono stridulo del “sisc’co” scandisce le passioni, le afferra e ne fa una sola rota dove gli uomini e le donne si incontrano, si raccontano, si abbandonano e si ritrovano, tutto in un solo magico, irripetibile, momento di sguardi, di braccia alzate e di gambe che si intrecciano, tenaci come tenace è l’attaccamento alla vita di un popolo. Quel sorriso di uomo buono, che di passato  ne ha da raccontare, ne conosce; quel sorriso discreto  che abbraccia chi gli sta intorno, che bonariamente accoglie, come figli. Quel maestro che è Zi’ Peppino  Di Febbraio, uomo, amico, cultore, rappresentate di un universo.  Dal momento in cui  i suoi occhi e il suo sorriso sono arrivati ai miei occhi   è entrato in un angolo speciale del mio cuore che ogni volta, tutte le volte, mi fa dire : “Grazie di esserci  anche oggi  e  permettermi   di stare qui a guardare per riempirmi gli occhi di tanta meraviglia”.  In un momento ho abbracciato e amato Pagani, in un sorriso la storia di un popolo e di un mondo che non muore quando gli altri con violenza lo colpiscono. Le camicie sudate, i segni della fatica e i corpi che si muovevano veloci, sinuosi, con maestria; corpi di giovani che non saranno mai vecchi perché pensano che giovane è meglio e di vecchi che saranno per sempre giovani perché loro raccontano e insegnano e quei nastri rossi sulle castagnette piccole e nascoste tra le dita, quei nastrini rossi che solcano l’aria mentre il tamburo è battuto e le voci sono piene, saranno per sempre il racconto di una città e saranno  i visi e i racconti e il cuore stesso della gente che qui diventa più caldo.

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Fondato nel 1980 da Paolo Nuti e pubblicato regolarmente a partire dal 1980 (anche se il suo primo numero reca la data novembre 1979) Folk Bulletin è la più consolidata fra le testate italiane che si occupano di folk, di spettacolo popolare e di culture tradizionali, e una delle più storiche del mondo. Muove i suoi primi passi per iniziativa di Gian Paolo Nuti come circolare interna di un gruppo di appassionati riuniti in associazione, il Folk Studio Group di Saronno, svolgendo questa preziosa funzione per alcuni anni. È comunque negli anni Novanta, dopo la fusione con lo STRAbollettino, altra testata mensile attiva dal 1984, che Folk Bulletin si afferma definitivamente su scala nazionale e internazionale come il mensile del folk in Italia. Per saperne di più…

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