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NON ‘DISCOTECHIZZIAMO’ TARANTELLE, PIZZICHE E TAMMURRIATE!

30 Dicembre 2010 di Redazione-FB 1 commento

“Alcuni anni fa, un noto operatore del settore musicale ci chiese di poter tenere una rubrica nella quale, in piena libertà e protetto dallo pseudonimo “J.d.M”, si sarebbe tolto qualche sassolino dalle scarpe, con la precisa intenzione di fare polemica e denunciare storture e malesseri del mondo della musica e delle arti in generale. Così nacque “Acido Folklorico”. Ancora per qualche mese, purtroppo, J.d.M. sarà impegnato notte e giorno in una grossa produzione oltreoceano e ha tutt’altri problemi per la testa, ma in attesa del suo ritorno pubblicheremo contributi scritti da altre persone che ci sembrano interessanti e, soprattutto, sufficientemente polemici. Buona lettura e, se avete voglia, commentate liberamente”.

NON ‘DISCOTECHIZZIAMO’ TARANTELLE, PIZZICHE E TAMMURRIATE!
di Paolo Coluzzi

Al di là di quanto è stato mostrato e ribadito da tanti ricercatori (cfr. per esempio il sito dell’Associazione Taranta www.taranta.it), non bisogna avere grandi conoscenze del patrimonio coreutico del Centro e Sud d’Italia per capire che le tarantelle danzate nelle varie feste, specialmente la varietà salentina detta ‘pizzica’ e quella ballata nelle province di Napoli, Benevento e Salerno (area vesuviana, domiziana e dell’Agro nocerino) detta ‘tammurriata’, di tradizionale non hanno più molto.

Certo, le tradizioni si evolvono, ma spacciare per tradizionale qualcosa che non lo è non è corretto. In un certo senso il problema della tammurriata è minore, nel senso che la maggior parte dei passi provengono dalla tradizione anche se i movimenti sono spesso esagerati, le sequenze delle varie parti non vengono rispettate e diversi stili vengono mescolati assieme. Ciò che lascia invece veramente perplessi è la maniera in cui viene eseguita la cosiddetta pizzica, con perdita della circolarità dei movimenti nello spazio, con uno stile teatrale, manierato, ed una prossemica che proprio nulla hanno a che vedere con quella tradizionale. Purtroppo nessuno o quasi dei migliaia di ballerini di neo-pizzica e neo-tammurriata che accorrono alle varie feste e concerti si preoccupa di confrontarsi con gli anziani portatori della tradizione, perché se così facessero si renderebbero subito conto che ciò che hanno imparato è stato in buona parte inventato da qualcuno che non aveva fatto ricerca seria.

Nessuno certo può impedire a questa gente di ballare queste forme di tarantella come lo desiderano (anche se appropriarsi di spazi tradizionali per fare ciò è sbagliato e sta accellerando la sparizione delle forme tradizionali), ma almeno si dovrebbe essere coscienti che si tratta di varietà nuove: ‘neo-pizziche’ e ‘neo-tammurriate’, appunto.

C’è una cosa però particolarmente preoccupante e che distanzia notevolmente queste nuove forme dalle tarantelle tradizionali: la coreografia della danza. A parte i casi di tarantelle a quattro o in cerchio (vedi Montemarano, Pollino e tarantelle figurate dell’aera tra la provincia di Potenza e Salerno), le tarantelle tradizionali come anche i saltarelli del Centro Italia vengono ballati da una coppia alla volta che esegue la danza nel centro del cerchio formato dagli altri ballerini e dagli astanti. Se questo cerchio (chiamato in vario modo a seconda delle tradizioni: rota, ronda, ecc.) non c’è, non si balla. Questa è una caratteristica fondamentale di questo genere di danza dal quale non si può prescindere se non snaturando totalmente la danza. Nel caso delle tarantelle la tendenza è che i ballerini nel centro vengano sostituiti uno alla volta, mentre di solito nel saltarello una coppia entra per sostituire quella che stava ballando, di modo che ogni coppia o ballerino non balli per più di pochi minuti, osservato da tutti i presenti. L’energia che si crea con le coppie che si alternano nel centro e quella che c’è se tante coppie ballano allo stesso tempo in isolamento le une dalle altre è completamente differente. In pratica la coreografia della dicoteca è stata applicata a queste danze tradizionali senza nessuna riflessione sui suoi effetti. Il gruppo perde importanza, l’importante sembra essere continuare ad agitarsi senza soffermarsi un attimo per osservare gli altri.

La responsabilità per questo stato di cose non è però solo degli insegnanti improvvisati, ma, in parte, anche di quelli preparati che hanno fatto ricerca e che insegnano a ballare le tarantelle in mezzo al cerchio. Trovo che il problema in questo caso sia che non si ponga sufficientemente in rilievo questo aspetto fondamentale della danza, dando così l’impressione che se ne possa prescindere. La proposta pratica che faccio ora è che le tarantelle, pizziche, tammurriate e saltarelli non vengano insegnate come danza di coppia staccata come viene normalmente fatto, ma come danze in cerchio con coppia nel centro, in modo da ridare centralità all’aspetto coreografico complessivo della danza e sottolineare in maniera chiara che la danza è l’insieme della coppia centrale che esegue i movimenti coreutici e di chi gli sta attorno nel cerchio. Insomma, smettiamo di ‘discotechizzare’ le nostre tarantelle!

Archiviato in:Acido folklorico

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Fondato nel 1980 da Paolo Nuti e pubblicato regolarmente a partire dal 1980 (anche se il suo primo numero reca la data novembre 1979) Folk Bulletin è la più consolidata fra le testate italiane che si occupano di folk, di spettacolo popolare e di culture tradizionali, e una delle più storiche del mondo. Muove i suoi primi passi per iniziativa di Gian Paolo Nuti come circolare interna di un gruppo di appassionati riuniti in associazione, il Folk Studio Group di Saronno, svolgendo questa preziosa funzione per alcuni anni. È comunque negli anni Novanta, dopo la fusione con lo STRAbollettino, altra testata mensile attiva dal 1984, che Folk Bulletin si afferma definitivamente su scala nazionale e internazionale come il mensile del folk in Italia. Per saperne di più…

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Commenti

  1. Carlo dice

    26 Ottobre 2011 alle 08:34

    sono d’accordo su tutto, ma non credo che obbligare la gente a ballare in cerchio servirà de de-discotechizzare il tutto… per carità gli spettacoli in cui ci sono miliardi di improvvisati danzatori di (neo)pizzica dei quali una piccola percentuale sappia danzare (nel senso che sia gradevole all’occhio e non appaia messa lì per caso) sono penosi, ma altrettanto penosi sono quelli in cui c’è un mastro di ballo e la gente è presa a casaccio e messa lì a ballare… oppure, peggio, a eseguire delle coreografie prestabilite in sequenza (e insegnate come passi tradizionali).

    per me, paradossalmente, chi balla tradizionale, anche male perché è negato, è più gradevole del danzatore professionista che esegue la coreografia

    la gente dev’essere lasciata libera di ballare come vuole, presumibilmente come succedeva nelle case dei suonatori. te la immagini una mini ronda dentro casa col mastro di ballo e tutti i ballerini che aspettano fuori dall’uscio? è ridicolo… le danze tradizionali sono la cosa più naturale del mondo e devono essere lasciate libere, naturali… con la sola speranza che non si evolvano snaturando troppo il contesto.

    per me la ronda non risolve il problema, ne argina uno ma ne crea un altro (quello dell’esibizionismo).

    Rispondi

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