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Kitchen Implosion: una concreta resistenza attiva

29 Agosto 2016 di Redazione-FB Lascia un commento

F.B. – Come siete venuti a conoscenza del concorso Suonare@Folkest e per quale motivo, principalmente, avete deciso di partecipare?

Io suono musica tradizionale da svariato tempo ed ho sempre seguito la programmazione di FOLKEST, finchè sono riuscito a partecipare all’edizione del 2012 con la folk-band biellese QUINTA RUA e l’esperienza mi è piaciuta, così ho deciso di provare a tornarci con KITCHEN IMPLOSION, per far conoscere il nuovo progetto all’Est italiano e non solo, abbiamo fatto le selezioni e le abbiamo passate, quindi eccoci qui.

F.B. – Parliamo di voi e della vostra musica: presentatevi specificando i singoli strumenti, il genere, perché lo avete scelto, da cosa traete ispirazione?

Io, Massimo Losito (fisarmonica), Marco Negro (chitarra elettrica, programmazione basi) e Lorenzo Prealoni (cornamusa, flauti) abbiamo suonato per un decennio nella band folk-rock IN THE KITCHEN, poi le strade si sono divise e riunite successivamente nel 2014 con questo progetto nato per caso e poi proseguito con vari cambi di formazione, in ultimo l’arrivo del bassista Paolo Pretti, ingaggiato dopo lo scioglimento dello storico gruppo punk THEE STP, fino a completare l’organico con la scelta stilistica di sostituire il batterista umano con delle basi ottenute programmando i suoni di una batteria elettronica vintage di metà anni ’80.
La nostra musica nasce dall’ascolto a 360° di gruppi come Pogues, Clash, Ramones ma anche di musica popolare di tutti i tipi e provenienza e di tutto quello che è passato nelle nostre orecchie negli anni ’80 e ’90 più o meno consapevolmente, abbiamo iniziato per gioco suonando punk alcune canzoni piemontesi popolari già punk di per sè stesse, poi ci siamo messi a scrivere pezzi nostri cantati in italiano, inglese e dialetto piemontese locale.

F.B. – Da dove venite e com’è, dalle vostre parti, la situazione della musica dal vivo?

Veniamo dal Nordovest del Piemonte, dove la situazione musicale e culturale è abbastanza deprimente , la scena “musicale” è dominata da sagre e locali dove spopolano liscio, orchestre-spettacolo e cover-tribute-bands, a livello di “nicchie” ci sono associazioni e clubs che riescono con grande fatica ed impegno a sopravvivere proponendo programmazioni di jazz, blues e musica tradizionale di qualità, mentre a livello di cantautorato, rock, punk e simili con bands che propongono brani originali la sensazione è che quasi ci sia più gente che voglia salire su un palco che un pubblico disposto ad ascoltarli e comunque pochi spazi dove proporsi e farsi conoscere, la programmazione di gran parte dei quali spazi è in mano a responsabili incompetenti o radical-chic modaioli e snob o gestori che sfruttano la novità o quei gruppi che hanno un minimo di seguito di amici e parenti per vendere qualche birra in più a prescindere dalla qualità della proposta musicale.

F.B. – Qual è il vostro rapporto con la musica tradizionale e il territorio di provenienza?

Abbiamo la fortuna di vivere in una zona geografica ricchissima di musica e canti tradizionali, e per noi riproporli secondo i nostri schemi è motivo di orgoglio, oltre a darci una identità e a caratterizzarci rispetto ad altre formazioni che per colmare la carenza di tradizioni sonore delle zone da cui provengono suonano musica americana o d’oltremanica, cosa che magari facciamo anche noi ma in modo residuale e secondario.

F.B. – Quanto senso ha ancora per voi la canzone politica al giorno d’oggi?

Ha ancora senso se “attualizzata” e contestualizzata non solo a livello di ideologia politica fine a se stessa o contrapposta ad altre ma indirizzata verso una oggettiva concreta resistenza attiva e quotidiana contro i reali detentori del potere che sono le multinazionali e le banche, più che i singoli governi nazionali che ne sono di fatto al servizio.

F.B. – Torniamo a Suonare@Folkest: come vi siete trovati, cosa ricordate soprattutto di quella serata?
Una bella esperienza che ci ha permesso di condividere palco, sorrisi, impressioni, bicchieri e qualche chiacchera con altri operatori del settore e musicisti, tra i quali qualche amico di vecchia data, qualche mostro sacro, qualche nuova bella conoscenza.

F.B. – Che progetti avete in cantiere?

Da qui a fine gennaio 2017 ci saranno le ultime date italiane ed estere del tour del nostro ultimo CD autoprodotto “Selfish”, dopodichè la line-up cambierà, muteremo la nostra pelle diventando un trio con suoni ancora più elettronici, sia nelle voci che negli strumenti solisti in quanto un synth sostituirà cornamusa e fisarmonica, concepiremo un nuovo spettacolo e un nuovo tour con molti pezzi nuovi, un mix di brani originali e tradizionali con suoni di chitarra old-school-fine anni ’70 e di synth e batterie elettroniche vintage anni ’80 e ’90, ci allontaneremo ancora di più dai clichè del genere ma del resto a noi piace così, zumpa-zumpa e gonnellini li lasciamo a qualcun’altro, suoneremo qualcosa di più ancora più interessante e “borderline” sperando di incontrare un minimo di riscontro, soprattutto estero, per la sopravvivenza e lo sviluppo di un progetto a cui teniamo molto.

MASSIMO LOSITO per KITCHEN IMPLOSION

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Fondato nel 1980 da Paolo Nuti e pubblicato regolarmente a partire dal 1980 (anche se il suo primo numero reca la data novembre 1979) Folk Bulletin è la più consolidata fra le testate italiane che si occupano di folk, di spettacolo popolare e di culture tradizionali, e una delle più storiche del mondo. Muove i suoi primi passi per iniziativa di Gian Paolo Nuti come circolare interna di un gruppo di appassionati riuniti in associazione, il Folk Studio Group di Saronno, svolgendo questa preziosa funzione per alcuni anni. È comunque negli anni Novanta, dopo la fusione con lo STRAbollettino, altra testata mensile attiva dal 1984, che Folk Bulletin si afferma definitivamente su scala nazionale e internazionale come il mensile del folk in Italia. Per saperne di più…

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