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Festival Berguedà folk a Puig-reig

30 Ottobre 2012 di Redazione-FB 2 commenti

Festival Berguedà folk a Puig-reig

di Luciana Cerreta

“…e insieme riempiono una notte che è fatta da bohemiens che girano il mondo e raccolgono e poi distribuiscono, da quegli stessi che si definiscono sonnambuli e che non dormono ma regalano sogni senza il sonno. E il cerchio si confonde e tutti sono due, e le teste si poggiano sulle spalle e le spalle diventano non luoghi e non corpi, diventano altro che porta lontano.”

Chi si aspetta grandi numeri si sbaglia, chi si aspetta il solito festivalino strimpellato si sbaglia ancora di più. Puig-reig festival di Berguetà, a cento chilometri da Barcellona, a distanza infinita dal rumore e dal caos del mondo. Quando non sai cosa aspettarti ti aspetti il molto ma certo non ti aspetti gambe incrociate e danza e passione e voglia di esserci di più, ancora di più fino in fondo, fino all’ultimo strato dell’anima, quello che a volte ci si dimentica anche di avere perché troppo lontano perché troppo profondo. Ti aspetti la gente e la confusione e il vociare e musica alta e microfoni impazziti, non ti aspetti sorrisi e gente pacata e suoni dolci e parole come sussurri.

Ti aspetti gli spintoni e la ressa e il non spazio e ti ritrovi con inchini e porte aperte e spazi verdi e le montagne e le strade larghe.

Potrebbe spaesare chi non sa, potrebbe apparire quello che non speravi, ma il festival di Berguedà è il festival dei passi incrociati, del fandango, delle mazurche, degli uomini e delle donne che ballano in cerchio e si inchinano come non si fa più e si cercano e si afferrano e si stringono ogni volta come se fosse la prima, per tutta la notte per tutto il tempo che il palco suona, per tutto il tempo che l’aria è di sogno. Gente semplice che ha nella semplicità dei sorrisi costruito e inventato un luogo che è il luogo degli incontri, degli stage che sono feste di danza, dei pranzi che sono la convivialità della danza stessa. Puig-reig ti accoglie e lo accogli e non lo lasci più e ti insegna e ti scopre e ti invita e ti accompagna nel mondo che vorresti.

Sento ancora il mandolino degli Snaarmaarwaar, lo ricordo sottile e che riempie l’aria, che indica la direzione e il tempo, che fa e che accompagna i ballerini ora veloci ora lenti, ora in coppia e poi in cerchio per mano a girare nei pensieri a sentirsi liberi e leggeri ad essere contenti di esserci. Lo vedo il ragazzone con i ricci biondi, il belga che a tavola mi era di fronte e parlava e sorrideva, lo vedo mentre dà quello che sa, lo prende da quello che sogna quando la notte sogna con la sua chitarra e gira il mondo e lo descrive. Ma più di tutti vedo e sento e ascolto e poi vivo e rivivo il due Absynthe francesi e taciturni, silenziosi mentre camminano le strade di Puig–reig, con le mani in tasca e la testa persa tra i pensieri, con le gambe lunghe e sottili, con i capelli arruffati e le gote rosse forse di vino forse di sangue che scorre veloce. Poi e poi il palco e la gente che continua chiamarli, che continua a chiedere, a battere le mani e i piedi perché ancora una volta; chiede di ascoltare la fisarmonica che suona e che striscia e che struscia la sensualità, che descrive gli attimi come fossero eternità, che non finiscono come non finiscono i sogni e le passioni come le mazurche che sono danza e sono vita, che ti abbracci e senti il caldo e senti il cuore, e i piedi si muovono avanti e indietro e le dita si stringono e quelli che guardano si chiedono i pensieri e vorrebbero essere pensiero.

Il duo Absynthe lo sa e la chitarra accompagna la fisarmonica e la fisarmonica lascia parlare le corde e insieme riempiono una notte che è fatta da bohemiens che girano il mondo e raccolgono e poi distribuiscono, da quegli stessi che si definiscono sonnambuli e che non dormono ma regalano sogni senza il sonno. E il cerchio si confonde e tutti sono due, e le teste si poggiano sulle spalle e le spalle diventano non luoghi e non corpi, diventano altro che porta lontano. Tutti lo sanno e ognuno lo vive a suo modo e ognuno se non sogna sorride agli amici ognuno se non spera racconta quello che vede. E il mondo di Puig- reig si ferma e i flauti e le grandi nacchere corrono veloci. Si chiama Ferran Vilà Colell ed è l’anima del festival, è il cuore che raccoglie e che accompagna, che ha creato il luogo dove arrivano da ogni luogo, che è piccolo ma riempie spazi grandi, infiniti, inarrivabili agli occhi. C’era anche il suono del tamburo che è arrivato a Puig-reig direttamente dall’Italia da quell’agro nocerino che ha un cuore che batte più veloce, che è la passione cantata in maniera diversa ma la passione è passione e nella grande diversità è uguale ovunque; lo sento il canto e sento la voce, vedo le castagnette che prendono il posto delle nacchere.

Il popolo che gira in cerchio e intreccia le braccia in una danza che muove mani e pensieri impara a votare, impara e ascolta incantata le voci e i suoni di quei Tammorrari del Vesuvio che sconvolgono e che irrompono, che sono chiacchieroni e che raccontano ma in maniera diversa la passione e il modo di danzarla, che presentano un popolo che canta ad uno che danza. La tarantella del ‘600 unisce i due mondi e si intrecciano braccia e si saltella a destra e poi a sinistra e Puig-reig ascolta e guarda divertito mentre il luogo dei sussurri è divenuto per qualche tempo quello della forza gridata e della passione che scorre forte nelle vene e si vede e che pulsa; già qualcuno degli ospiti era venuto dai Pirenei a viverla direttamente e non l’ha mai scordata ed è felice di ritrovarla tra una polka e una mazurka tra un fandango e un sogno che si sfuma ma non si perde, perché poi torna con altre vesti ed altri nomi, e Puig-reig per tre giorni è il mondo dei battiti è il luogo dove si pensa a due, in due, per due.

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Fondato nel 1980 da Paolo Nuti e pubblicato regolarmente a partire dal 1980 (anche se il suo primo numero reca la data novembre 1979) Folk Bulletin è la più consolidata fra le testate italiane che si occupano di folk, di spettacolo popolare e di culture tradizionali, e una delle più storiche del mondo. Muove i suoi primi passi per iniziativa di Gian Paolo Nuti come circolare interna di un gruppo di appassionati riuniti in associazione, il Folk Studio Group di Saronno, svolgendo questa preziosa funzione per alcuni anni. È comunque negli anni Novanta, dopo la fusione con lo STRAbollettino, altra testata mensile attiva dal 1984, che Folk Bulletin si afferma definitivamente su scala nazionale e internazionale come il mensile del folk in Italia. Per saperne di più…

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Commenti

  1. Josep Vilanova Ros dice

    7 Novembre 2012 alle 00:44

    troppo belli questi commenti!
    Sono stato al Berguedà Folk di Puigreig, non vivo cosí lontano, é mi sembra cosí bello sentire dei commenti che potebbero essere proprio i miei pensieri…grazie Luciana!

    Rispondi
    • Luciana dice

      28 Novembre 2012 alle 22:22

      Grazie Josep, per me è stata una esperienza molto intensa che mi ha aperto lo sguardo su un universo che non conoscevo e che mi ha affascinata. Allora forse ci siamo anche incontrati io e te.

      Rispondi

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