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…che non mi pare poco.

4 Aprile 2011 di Redazione-FB 2 commenti

Da qualche anno un grande interesse si sta riversando sulla scrittura. Corsi di scrittura sono apparsi un po’ in ogni parte d’Italia, condotti per lo più da illustri sconosciuti che hanno imparato a scrivere seguendo, dalla prima elementare, la medesima fase progressiva di apprendimento dei loro stessi corsisti. Prima le aste, poi le prime maiuscole, le minuscole, il corsivo, la calligrafia fino ad arrivare alla tastiera del computer.  Scrivere è come far di conto: se sai come funziona una moltiplicazione, lo sai a sei anni come a sessanta; se non conosci la tabellina del 9 o del 7, il fatto che tu sia miss Italia o una bambinetta con le treccine e i calzettoni non sposta minimamente il senso delle cose. Con congiuntivi e periodi ipotetici, consecutio temporum e interiezioni è uguale.
Ma oggi perfino un grande quotidiano nazionale promette di insegnarti a scrivere grazie a una serie di dispense: tutti scrittori, allora?
No, per fortuna. Perché scrivere è un mezzo, uno strumento, è impadronirsi di un codice per comunicare; saper scrivere è sì una tecnica, ma la sua applicazione (la scrittura) non vive in sé e per sé, ma il suo valore è strettamente connesso ai suoi contenuti. In altre parole, se nella nostra mente albergassero soltanto banalità ben difficilmente un corso di scrittura (creativa o non creativa che fosse) potrebbe aiutarci a scrivere bene. Il massimo a cui poter ambire sarebbe scrivere correttamente, cioè senza commettere errori, ma da qui alla letteratura deve passare ancora molta acqua. Se poi al posto delle banalità, che a ben vedere sono il male minore, ci sono idee sbagliate, preconcetti e pregiudizi e soprattutto ignoranze cosmiche allora hai voglia di scrivere bene… Non voglio unirmi al pianto collettivo, spesso ipocrita, di chi si lamenta che il mondo di oggi pensi troppo alla forma e se ne freghi della sostanza; lo sappiamo da un pezzo ed è inutile far finta di averlo scoperto soltanto ieri. E’almeno da mezzo secolo che le cose stanno così e allora non prendiamoci in giro da soli. E tutti, o quasi, abbiamo contribuito con opere e omissioni a far sì che le cose andassero così. Ma resta il fatto che oggi si scrive molto più di ieri (basti pensare agli SMS e alle e-mail, per tacere dei social network) e questo mutamento nella trasmissione del pensiero ha fatto sragionare più di una persona in ogni parte del globo, causandole una sorta di delirio compulsivo: scrivere, scrivere, scrivere “in tutti i luoghi e in tutti i laghi”, come recita il testo di una delle più brutte canzoni del millennio (a proposito di scrittura…).
Questa non vuole essere una battaglia di retroguardia: nessun rimpianto o revanscismo passatista, per carità, e nemmeno un auspicio al ritorno di prevalenze di casta professionale. Ma soltanto un invito, calorosamente espresso: se proprio dovete scrivere, fatelo cercando di preoccuparvi un po’ più del “cosa” e un po’ meno del “come”. Alla fin fine, è anche più divertente e gratificante. E vi impedisce di fare la figura dell’imbecille, che non mi pare poco.

Roberto G. Sacchi

Archiviato in:Acido folklorico

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Fondato nel 1980 da Paolo Nuti e pubblicato regolarmente a partire dal 1980 (anche se il suo primo numero reca la data novembre 1979) Folk Bulletin è la più consolidata fra le testate italiane che si occupano di folk, di spettacolo popolare e di culture tradizionali, e una delle più storiche del mondo. Muove i suoi primi passi per iniziativa di Gian Paolo Nuti come circolare interna di un gruppo di appassionati riuniti in associazione, il Folk Studio Group di Saronno, svolgendo questa preziosa funzione per alcuni anni. È comunque negli anni Novanta, dopo la fusione con lo STRAbollettino, altra testata mensile attiva dal 1984, che Folk Bulletin si afferma definitivamente su scala nazionale e internazionale come il mensile del folk in Italia. Per saperne di più…

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Commenti

  1. Elisa dice

    5 Aprile 2011 alle 14:39

    Che bello leggere il tuo editoriale! …per una che ama scrivere, scrivere cose buttate là, su un pezzo di carta e che fin da ragazzina culla il sogno di scrivere un libro (prima o poi…più poi che prima) ma che ha sempre avuto la convinzione che almeno un corso di scrittura bisogna farlo diamine! E invece no, perchè forse, in effetti, non ci vuole molto per fare meglio di “in tutti i luoghi e in tutti i laghi…” :-) Grazie Roberto!

    Rispondi
  2. Duchessa dice

    9 Settembre 2011 alle 18:57

    Non dimentichiamoci che la scrittura è un’arte. E, come tale, non può nascere dal nulla. O ce l’hai da sempre quella spinta propulsiva a produrre qualcosa di buono, che nasce e cresce dentro di te come una foresta, oppure non ti resta che prendere atto del tuo limite. Le scuole di scrittura possono insegnare ad usare correttamente la lingua italiana, possono insegnare qualche tecnica per rendere più accattivante e convincente il discorso, ma niente più. Al cuor…non si comanda. Grazie Roberto per questa “chicca”. Un altro prezioso insegnamento da aggiungere al mio percorso di pseudoscrittrice o qualcosa di simile…

    Rispondi

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