di Tito Saffioti
Sicuramente non finiranno qui. Le ricerche di Cesare Bermani (e di altri valenti ricercatori come lui) intorno alle origini e all’evoluzione della celebre canzone non finiranno qui. Perché la storia di un canto popolare è fatta di infinite variazioni, contaminazioni, commistioni ecc. ecc.
Questo, perlomeno, avveniva fino all’invenzione del nastro magnetico, perché dopo di allora la registrazione finiva col cristallizzare in maniera più o meno definitiva la forma di una canzone, sia nella sua componente testuale sia in quella musicale. E addio trasmissione orale!
Occorre comunque ammettere che la storia di Bella Ciao è particolarmente complessa, forse anche perché la sua formazione verso il modello che noi oggi riconosciamo come definitivo, è avvenuta in anni che si ponevano al termine della guerra più sanguinosa della storia dell’umanità. Un’epoca feroce, fatta di contrapposizioni forti e di odi ancora non sopiti.
Ricostruire oggi, a distanza di poco meno di un secolo (ma, naturalmente, come sempre succede quando di parla di tradizione popolare, con origini assai più antiche) da quei tragici avvenimenti, significa confrontarsi con ricordi dei testimoni spesso fumosi e diafanizzati dal trascorrere del tempo.
Bermani ha dedicato a questa ricerca numerosi interventi e ora con questo piccolo, ma prezioso libretto cerca di fare il punto della situazione correggendo imprecisioni e aggiungendo informazioni raccolte da nuove testimonianze e da nuovi documenti.
C’è ora da domandarsi: ha raggiunto il suo scopo? È riuscito a tracciare la genealogia del canto in maniera univoca e soddisfaente? No, perché questo obiettivo è realisticamente impossibile da ottenere. Sì, perché lo scopo di chi fa ricerca è quello di aggiungere conoscenza verificata a quanto già si sa. Ogni granello di sapienza è un gradino verso il cielo, che è sempre lassù, irraggiungibile e meraviglioso, ma in grado di riflettere su di noi la sua piccola luce.
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