Torna ogni anno, come tradizione ormai consolidata vuole, il festival della zampogna a Maranola. Complice, stavolta, anche la bella giornata invernale di sole, il piccolo centro, frazione collinare di Formia, posto proprio sotto il monte Altino, ha visto i suoi spazi, le piazze, le chiese, animarsi grazie a zampognari e suonatori di diversi strumenti tradizionali. Anche per la diciannovesima edizione del festival sono stati organizzati importanti eventi collaterali: la mostra mercato di zampogne, ciaramelle e strumenti musicali della tradizione con liutai provenienti da tutta Italia, di oggetti e attrezzi in uso ai pastori, stand enogastronomici con prodotti locali nello spazio antistante la torre Cajetani. La vivace, nutrita presenza di studiosi, visitatori e semplici curiosi ha caratterizzato la manifestazione, diretta da Ambrogio Sparagna e Erasmo Treglia, che si è articolata tra diverse iniziative e concerti. Ciò a cui abbiamo potuto assistere sono stati, in primo luogo, i numerosi intermezzi musicali che si sono svolti in modo spontaneo all’aperto e che hanno visto i diversi gruppi di zampognari alternarsi e sovrapporsi. Quasi in una sfida, i suonatori si rispondono, i musicisti interagiscono, hanno voglia di farsi ascoltare e di mostrare la propria bravura. Ci sono giovani suonatori di zampogna, ci sono donne che suonano questo antico strumento. E già soltanto questo merita una puntatina al festival. Ci sono anche giovani desiderosi di suonare e ballare la tammurriata, con tanta voglia di divertirsi, saranno poco filologici ma sono simpatici. Nel centro studi che ha ospitato nel corso della giornata proiezioni e seminari, c’è stata anche la mostra Aulos, flauti ed ance della tradizione curata dal musicista Raffaello Simeoni.
Nel primo pomeriggio, nella chiesa di San Luca, si è svolta una no-stop musicale che ha visto protagonista tanta musica, progetti diversi e un folto, partecipe pubblico. Si è iniziato con i giovani musicisti di Zampogne d’Europa. Dalla Grecia, dall’Estonia, dalla Norvegia, questi ragazzi hanno partecipato allo stimolante progetto europeo Folk Music in MusEUms, portando la musica popolare dei propri paesi nel contesto della “sacralità” delle sale dei musei. A Maranola si sono esibiti in un’entusiasmante performance con gli strumenti aerofoni delle loro tradizioni insieme alle zampogne italiane, e non solo. Bravura, precisione, passione e affiatamento, le doti che hanno mostrato nell’eseguire repertori tradizionali dei vari territori. Il finale tutti insieme con i musicisti dell’Orchestra Popolare di Ambrogio Sparagna.
A seguire Le donne di Giulianello, uno straordinario ensemble di voci femminili che ha eseguito alcuni canti, primo su tutti una Passione del venerdì santo e poi un canto di lavoro. Queste otto voci, intense e commoventi, cantano con modalità antiche, con microscopiche ma percettibili variazioni ed hanno catturato gli ascoltatori. Sono lì anche per introdurre il premio speciale La zampogna consegnato alla memoria del compianto Raffaele Marchetti, per l’impegno prodigato per salvaguardare il patrimonio agropastorale della zona del Vulcano laziale (a nord di Latina). Con le Donne di Giulianello aveva un rapporto straordinario, adesso con loro c’è il figlio.
Subito dopo Paolo Napoli con I Suoni del Carretto, dal Pollino con zampogna, surdulina e strumenti estemporanei, formazione da seguire nella crescita. A seguire Ettore Castagna, giornalista ed etnomusicologo oltre che suonatore di zampogna “usu anticu”, e Giuseppe Ranieri, continuatore della dinastia dei suonatori calabresi di zampogna a chiave. Essi costituiscono parte della formazione Antiche Ferrovie calabro-lucane che si era esibita poco prima nel Centro studi e durante la mattinata, nel corso delle esibizioni in piazza, aveva conquistato l’assoluta attenzione dei presenti. Castagna e Ranieri hanno presentato uno straordinario repertorio della tradizione eseguito con grande perizia. Ancora dopo, si è esibita l’orchestra della scuola di organetto di Maranola fondata e capitanata dallo stesso Sparagna; l’orchestra è composta da giovanissimi musicisti alcuni dei quali bambini. Infine il duo Rocca – Benigni, rispettivamente clarinetto e organetto, che hanno suonato un repertorio dalla matrice popolare italiana profondamente rielaborato che si apre al tango, alla musica klezmer, a quella brasiliana. I due musicisti, entrambi di straordinaria bravura, hanno concluso nell’entusiasmo generale la manifestazione. La performance nel suo insieme è durata tre ore, con la chiesa sempre stracolma di persone, l’atmosfera calorosa e attenta.
Questa edizione del festival è stata realizzata praticamente “a costo zero”, come ha precisato Sparagna; nonostante questo, grazie all’impegno e alla passione dei direttori artistici, grazie al patrocinio della Regione Lazio, al sostegno della Rete del Folklore nel Lazio, di Archivio Aurunco, continua a portare avanti un discorso sulla zampogna, quella vera. Nel segno della zampogna si sono riuniti musicisti, ascoltatori, studiosi, giornalisti, curiosi. La zampogna vive, a dispetto della sua origine arcaica e di chi vorrebbe uno strumento “normalizzato”, viene suonata da giovani e meno giovani. La zampogna unisce, sono le parole di Sparagna. Anche se fosse soltanto questo, con i tempi che corrono, non sarebbe poco. La realtà è che negli anni il festival si è costruito un nome di qualità intorno al quale continua ad aggregare, riuscendo a coniugare in un felice, fecondo connubio il radicamento sul territorio e l’apertura a nuovi progetti.
Carla Visca
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